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Alitosi: condizioni predisponenti e tipologie

19.MAG.2017

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L’alitosi è una problematica particolarmente delicata nell’ambito della salute orale. Il convivere con questo tipo di sensazione costituisce una limitazione potenzialmente molto significativa per quanto concerne la vita di relazione del paziente. L’odontoiatra è il primo medico responsabile nell’intercettare tale problematica, che può tuttavia coinvolgere altri distretti corporei, se non l’organismo a livello sistemico. In caso di approccio multispecialistico, l’odontoiatra ricopre un doppio ruolo informativo verso il paziente e di confronto e coordinamento rispetto ai colleghi. Questo breve articolo cercherà di fornire alcuni aspetti eziologici, epidemiologici, diagnostici e terapeutici, tutti evidence-based.
Il primo aspetto da indagare, quello epidemiologico, è più complesso di quanto ci si possa aspettare: questo tipo di indagine, infatti, risente sia della mancanza di criteri di valutazione standardizzati che dalla differente percezione dell’alitosi fra le diverse culture. Sono comunque disponibili articoli, sia sulla popolazione che su campioni omogenei. Emblematico il caso dell’India. Un lavoro indiano, ad esempio, sostiene che la problematica interessi tra il 21.7 e il 35.3% degli studenti. Contemporaneamente, Autori osservano come proprio nel caso dell’India scarseggino gli studi di popolazione su questa condizione.
Volendo fornire un fattore eziologico dell’alitosi, va innanzitutto osservato come non esista una condizione unica. In primo luogo, si può parlare di una alitosi “fisiologica”, tipicamente mattutina, causata dalla stagnazione di liquido salivare in cui si trovano intrappolati residui di cheratinociti desquamati dalla mucosa, a rivestire principalmente il dorso della lingua.
Esiste poi un complesso – di per sé molto ampio – di alitosi “vere”. Indicativamente, l’80% di queste ha causa locale. Un processo fondamentale, in questo senso, è il rilascio di composti volatili dello zolfo: acido solfidrico, metantiolo e solfuro dimetile sono i principali. Il dorso linguale è un potenziale serbatoio di batteri anaerobi, grossi produttori di queste sostanze. Diverse condizioni infiammatorie possono essere correlate con la condizione: in primis la malattia parodontale, in cui i microrganismi si accumulano nelle tasche, ma anche pericoronite, alveolite secca, ascesso parodontale, ulcerazioni delle mucose. Anche la candidosi pseudomembranosa prevede un accelerato processo desquamativo.
La restante parte delle condizioni deriva da processi patologici di interesse non prettamente odontoiatrico: Autori sostengono che il 10% del totale derivi da aree anatomiche di competenza otorinolaringoiatrica (1/3 dalle tonsille).
Alcuni autori, infine, riconoscono una particolare condizione, che può essere definita pseudoalitosi o alitosi immaginaria. Pazienti che riferiscono con convinzione tale sintomo (oltre alle connotazioni psicologiche susseguenti) non ne riveleranno segni clinici all’esame obiettivo. Per quanto poco conosciuta e documentata, tale particolare condizione è stata recentemente classificata fra le “condizioni psicosomatiche che interessano la pratica odontoiatrica”.


Un paziente su 5 mette l’apparecchio ortodontico a 40 anni….Ecco il perchè

11.MAG.2017

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Un paziente su 5 mette l'apparecchio ortodontico a 40 anni e oltre. Si tratta soprattutto di donne, che rappresentano il 72% di chi sceglie di rimettere a posto la dentatura per motivi estetici, ma anche funzionali.
Nei grandi le percentuali di malocclusioni, per esempio, sono maggiori che nell'infanzia.
"L'apparecchio negli adulti è diventato molto più comune ma, nonostante il picco di crescita del ricorso a trattamento ortodontico degli ultimi anni, si tratta ancora solo di una piccola percentuale di tutti quelli che potrebbero realmente beneficiarne, a livello estetico o per correggere e prevenire problemi clinico-medico". Avere portato l'apparecchio da piccoli, però, non esclude che "a distanza di 20-30 ci sia bisogno di nuovo di un trattamento, magari meno lungo, per ricreare un equilibrio di tutto l'apparato masticatorio che, nel tempo, può squilibrarsi", aggiunge l'esperto.

Le nuove tecniche ortodontiche – con apparecchi che, in molti casi, possono essere anche invisibili, non necessitano di controlli troppo ravvicinati né di trattamenti non troppo lunghi – riducono il disagio psicologico e facilitano la scelta da parte degli adulti. "Secondo le stime, se parliamo solo di 'aggiustare' il sorriso, circa l'80% dei pazienti odontoiatrici potrebbe beneficiare dei nuovi congegni 'invisibili', facili da gestire ed efficaci". Il restante 20% "presenta problemi ortodontici più complessi. Spesso si tratta di interventi sulla mandibola o di riposizionare un dente. In questo caso sono necessari metodi più tradizionali che comunque sono ormai resi accessibili e sopportabili, anche nella vita sociale".

Ma perché mettere un apparecchio a 47 anni? "I denti accavallati, 'affollati' e la cattiva forma del morso predispongono a malattie paradontali e gengivali, problemi che colpiscono il 40% della popolazione italiana". In questo 40% l'apparecchio può, come hanno dimostrato i dati scientifici, anche in fasi avanzate, migliorare la durata di tutte cure odontoiatriche nel tempo.

E' necessario infatti, "prima intervenire proprio con l'ortodonzia, ripristinare gli equilibri ossei e tessutali e poi reintegrare i denti persi o fare le altre cure – prosegue l'esperto – Il rischio è perdere quanto ottenuto anche con le metodiche più avanzate, come l'innesto di osso e la chirurgia paradontale. I processi patologici non possono fermarsi, perché la malocclusione o la malposizione comportano in sé un potenziamento della patologia". Gli impianti dentali, per esempio, ancorati all'osso con una vite di titanio, "non avendo il legamento paradontale rischiano sotto la pressione sbagliata dell'osso di cadere". Per questo negli Usa prima, dell'impianto, viene prevista una valutazione ortodontica.

L'apparecchio, insomma, rappresenta spesso una soluzione curativa "per bloccare negli adulti le malattie gengivali, l'usura delle ossa, il mal di testa, i problemi mandiboloarticolari".


Le bevande gassate e la corrosione dei denti. Sarà vero?

04.APR.2017

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Molti fanno attenzione alle bevande gassate e zuccherate perché credono che favoriscano la corrosione dello smalto dei denti. Vero o falso? Risponde il dottor Alfonso Pricolo, odontoiatra dell’ospedale Humanitas.
“Vero. Le bevande gassate e zuccherate favoriscono la corrosione dello smalto dei denti proprio perché ricche di gas, zucchero, sostanze coloranti e acidi come per esempio l’acido fosforico che, attaccando lo smalto, rendono i denti più vulnerabili all’azione dell’acido prodotto dai batteri che vivono nella bocca – spiega l’esperto. – In particolare le bevande gassate e zuccherate, proprio per l’elevato contenuto di zucchero tale da coprire in un solo bicchiere il fabbisogno quotidiano di zucchero di una persona, non solo inducono la corrosione dello smalto innescando un processo di demineralizzazione e sensibilità dentinale al freddo e, in misura minore, al caldo, ma favoriscono anche l’inizio del processo di sviluppo della carie conseguente alla corrosione dei denti. Oltre a corrosione dello smalto, carie e sensibilità dei denti, alcune persone con uno smalto dei denti più poroso, meno liscio e bianco e quindi più recettivo alle sostanze contenute nelle bevande gassate e zuccherate tra cui la cola ma anche le bevande energetiche che si usano dopo lo sport, potrebbero sviluppare anche macchie ai denti. Per evitare i danni alla salute dei denti, dopo aver bevuto bevande gassate e zuccherate oppure bevande energetiche è raccomandabile sciacquare la bocca con acqua, meglio ancora se si riesce anche a spazzolare i denti e rimuovere meccanicamente sia lo zucchero che le sostanze cromogene, cioè coloranti, contenute spesso in questo tipo di bevande. Per un’azione immediata quando non è possibile sciacquare e lavarsi i denti in breve tempo, può aiutare la salute dei denti masticare una gomma rigorosamente senza zucchero.


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